La pazienza ha un limite

Troppe superficialità sul 47° congresso

Che non venga considerata una notizia degna di sufficiente attenzione dalle agenzie o dagli organi di stampa, la celebrazione del 47° congresso repubblicano, può essere facilmente attribuito a nostro demerito. Senza gli Spadolini, i La Malfa, i Visentini, il partito repubblicano non ha più quelle personalità capaci di compensare il suo tradizionale deficit di consensi, tali da saper coinvolgere comunque l’opinione pubblica. Anche se non vediamo in giro i Togliatti, i Moro, i Nenni e contiamo partiti che raddoppiano i voti solo perché moltiplicano le astensioni, accettiamo una tale sentenza. Sappiamo bene del peso e del valore delle grandi personalità che hanno vissuto nel nostro partito, così come del vuoto che vi hanno lasciato. Abbiamo solo un dubbio però, quando invece del Pri ci si occupi comunque, come ha fatto Enrico Caiano su “Il Corriere della Sera” di mercoledì scorso e ci si abbandoni a tanta superficialità e pressapochismo. Non vorremmo che così come la grande intelligenza politica sia iniziata a latitare, la grande stampa seguisse a ruota con i suoi commentatori. Ad esempio, può far piacere che Caiano riconosca a Pannella “di averne tentate tante per tenere la sua creatura al passo dei tempi”, anche se egli non ci dice se Marco ci sia riuscito o meno, perché anche troppo interessato a sentenziare che “il vecchio Pri, è solo il vecchio Pri”. Quello di Spadolini, La Malfa e Visentini, seppur senza di loro, non sarebbe comunque poco. Le liti interne ci sono state allora e tante, ma non era e non è certo questo il sale della vita del partito. Ci sono le proposte, il dialogo, il dibattito ed anche gli interlocutori, dalla Uil a Corrado Passera, tutti elementi che sfuggono completamente a Caiano. Forse non se ne è accorto, forse non le ritiene degne di attenzione, forse prende una cantonata. Caiano è tutto preoccupato di due questioni, che in verità a nostro modesto avviso ci appaiono piuttosto irrilevanti. La prima riguarda gli eletti. Il partito uscito dal centrodestra nel 2012 non ha negoziato più alleanze e quindi con l’attuale sistema elettorale non ha avuto possibilità di rientrare in Parlamento. E’ un torto? E’ un dato di fatto a cui si cercherà di rimediare, ma considerata l’attuale condizione del Parlamento non ne sentiamo nemmeno un particolare mancanza. La seconda, riguarda addirittura, il luogo del congresso. Si considera improprio che gli eredi di Mazzini (Garibaldi, con tutto il rispetto e l’affetto non è proprio al centro del nostro panteon ideale) possano riunirsi in una ex proprietà della Chiesa. Una volta si contestava ai partiti di spendere troppo, ora invece gli si contesta di vivere francescanamente. Al “Corriere della sera” si mettessero d’accordo. Altrimenti anche a noi verrebbe facile di dire che il quotidiano di Via Solferino, non è più quello di Albertini, dello stesso Spadolini, di un Piero Ottone, per non parlare dei loro formidabili collaboratori. Solo che mai ci permetteremmo tali affermazioni su un pezzo tanto importante della nostra storia come “il Corriere della Sera”, pur non dimenticando quanto questo quotidiano fosse gradito al regime fascista.

Roma, 12 marzo 2015